La geografia serve a fare la guerra? È l’interrogativo che si pone la mostra della Fondazione Benetton Studi Ricerche, a cura di Massimo Rossi, in calendario negli spazi Bomben di Treviso da domenica 6 novembre 2016 a domenica 19 febbraio 2017, con inaugurazione sabato 5 novembre alle ore 18. L’esposizione si avvale della partnership di Fabrica, che ha curato l’allestimento e il progetto grafico, e della collaborazione e del patrocinio della Regione del Veneto-Assessorato alla cultura. Mappe, atlanti e opere d’arte racconteranno, attraverso tre percorsi strettamente legati e continuamente in dialogo, la grande forza comunicativa e persuasiva delle carte geografiche.
Un interrogativo che non ha scampo, si direbbe, altrimenti non sarebbe più guerra ma qualche cos’altro. Gli eserciti si affrontavano in luoghi stabiliti a priori oppure era il caso che incideva sulla scelta? Di questo ed altro gli storici e i geografi si sono preoccupati di trovare un filo logico per una mostra che consacra il centenario della Grande Guerra. “Le mappe sono un potente mezzo di comunicazione non verbale e il contesto delle celebrazioni della Grande Guerra offre un valido pretesto per indagare sulla loro capacità di influenzare l’opinione pubblica quando assecondano il punto di vista degli Stati Maggiori. Per questo il percorso espositivo si concentra sul periodo storico che va dalla fine dell’Ottocento agli inizi del Novecento, ma parte dall’antichità e arriva ai giorni nostri per raccontare anche un’altra geografia possibile, non per forza asservita alle logiche militari” – avvisa Massimo Rossi, uno dei massimi esperti geografi. Però la mostra, nascendo dentro le teste dei giovani borsisti di Fabrica, qualcosa di originale sicuramente porterà, abituati come sono ormai nella comunicazione moderna del digitale.
Come sarà organizzata la mostra?
La mostra si divide in tre grandi sezioni: Rocce e acque, in cui si vedrà come con un semplice e perentorio segno – il confine naturale – le mappe indurranno monti e fiumi a diventare strumenti capaci di separare e dare forma fisica a gruppi etnici, linguistici, nazioni per trasformarli da “espressione geografica” a stati. Con tanta “naturalezza” e spontaneità da parte di chi le disegnate che stabiliscono confini “politici” di appartenenza nazionale, di stazionamento di forze militari (l’Italia ha una catena montuosa che la separa o protegge dal resto dell’Europa e noi dobbiamo difenderci dall’invasore. I monti e fiumi che scendono ci appartengono).
La seconda sezione, Segni umani, finalmente si entra nel cuore delle vicende. La mostra vuole raccontare l’uso del sapere geografico a fini propagandistici per trasmettere con forza l’idea di nazione ancora prima della sua ufficiale proclamazione politica. Cioè una manipolazione dell’immagine che viene puntualmente elaborata per determinare punti in comune: la lingua, l’etnia, la popolazione che può essere circoscritta o persino a macchia di leopardo, a causa di forti emigrazioni.
Nella terza sezione ci stanno le Carte da guerra: coesistenza di due approcci culturali apparentemente inconciliabili, per quanto riguarda la Grande Guerra. Ci sono simboli grafici per significare la smisurata industria bellica disseminata sul fronte del Piave, insieme a segni che testimoniano la presenza di migliaia di colombi viaggiatori che volando imprendibili ad alta quota e percorrendo grandi distanze in breve tempo, informano e trasmettono ordini. Mortai da 305 mm che esplodono proiettili di 400 kg alti come un uomo, e palloni frenati sospesi a centinaia di metri dal suolo “che in lunga fila si dondolano nell’azzurro lungo il corso del Piave” come racconterà lo scrittore-tenente Fritz Weber, nemico sulla riva opposta.
Non è una novità del colombo postino o meglio del “piccione viaggiatore” o del comune “torresan”, ammaestrato per essere di supporto al comando centrale per invio e ricezione di messaggi “fotomicroscopici”. Batterie con gabbiette che albergavano i piccioni per essere usati come mezzi aerei della comunicazione. (Una specie di smartphone ante litteram, sprovvisto di fotocamera. In Francia già nel 1870, si legge nei libri di storia, il ministro Picard stabilisce per decreto del 10 novembre di insediare a Clermont-Ferrand un servizio di dispacci fotomicroscopici che si dovevano inviare a Parigi dalla provincia per mezzo del piccione viaggiatore, ndr.)
Ma è proprio vero che La geografia serve a fare la guerra? Certo, senza geografia le guerre non sarebbero nemmeno immaginabili, ma a fare la guerra è sempre l’uomo che per raggiungere i suoi obiettivi è disposto a utilizzare tutti i saperi disponibili come quelli della fisica, della chimica, della geometria o della matematica.
Di cos’altro parla questa mostra?
Un’altra geografia possibile, una geografia necessaria per riflettere e agire sul mondo quando proviamo a osservarlo dall’alto sfogliando le pagine dell’atlante rinascimentale di Abramo Ortelio che adotta il medesimo punto di vista di Dio, o contemplando The Blue Marble, la prima fotografia del pianeta terra vista dall’obiettivo degli astronauti dell’Apollo 17. Una geografia che moltiplica le sue potenzialità ogni volta che un artista decide di dialogare con una carta geografica – e in mostra saranno esposti tappeti geografici e alcune opere di artisti contemporanei.
Quale obiettivo si prefigge la mostra?
Si potrà riflettere su un’altra geografia in grado di insegnarci a conoscere e progettare i luoghi attraverso un ininterrotto dialogo con i processi storici e di persuaderci con l’esempio di due autorevoli testimoni di un secolo fa, il geografo Cesare Battisti e lo storico Gaetano Salvemini, che “non esistono confini politici naturali, perché tutti i confini politici sono artificiali, cioè creati dalla coscienza e dalla volontà dell’uomo”.
L’allestimento che Fabrica propone è un viaggio esperienziale, alla scoperta delle diverse mappe geografiche e dei luoghi che le hanno ispirate, attraverso la creazione di ambienti che coinvolgono il pubblico a percorrerli, a interagire con essi. Elementi dal design lineare e pulito, essenziali per valorizzare al meglio i pezzi in mostra, insieme a una grafica che reinterpreta in una chiave contemporanea gli elementi della cartografia tradizionale.
L’intero progetto della mostra – allestimento e comunicazione – si combina con gli spazi di Palazzo Bomben, ricco di affreschi e di storia, in un dialogo di reciproca valorizzazione.
Iniziativa realizzata con il contributo della Regione del Veneto, ai sensi della legge regionale 11/2014, art. 9, nell’ambito del programma per le commemorazioni del centenario della Grande Guerra.
La geografia serve a fare la guerra? Representation of human beings
mostra della Fondazione Benetton Studi Ricerche
a cura di Massimo Rossi e con la partnership di Fabrica
inaugurazione sabato 5 novembre ore 18
aperta da domenica 6 novembre 2016 a domenica 19 febbraio 2017
martedì-venerdì 15-20, sabato e domenica 10-20
Treviso, Fondazione Benetton Studi Ricerche,via Cornarotta 7
tel. 0422.5121, fbsr@fbsr.it. http://www.fbsr.it
ingresso intero: 6 euro, ridotto: 5 euro, ridotto scuole: 4 euro