• Home
  • Info
  • Galleria

AIDANEWS rivista culturale

~ Fondata a Ginevra nel 1994

AIDANEWS rivista culturale

Archivi della categoria: Istruzione, Formazione

Istruzione e Formazione, due facce della stessa medaglia che dovrebbe essere uguale per tutte le scuole superiori. Invece per i Licei scientifici e classici è una chimera riuscire a praticarle assieme. Forse è colpa della Scuola italiana se il tasso di disoccupazione giovanile arriva a punte estreme del 42% su scala nazionale?

La violenza contro le donne dall’occupante, dopo Caporetto. A Castelfranco nessuno sa niente, anzi si facevano buoni affari secondo il garzone Scarabellotto

30 domenica Dic 2018

Posted by artediritto in Istruzione, Formazione

≈ Lascia un commento

Tag

Alessandro Finazzi, Angelo Miatello (AIDA), Derio Turcato (HISTOIRE), don Giovanni Pastega, Don Lino Cusinato, Eugenio Sartori, Evaristo Macola, Jacopo Polese, Luigi Gomirato, Maria Gomierato, Matteo Ermacora, mons. Valentino Bernardi, mons. Vitale Gallina, Ubaldo Serena (sindaco e distillatore)

Un insulto alla Memoria quando si trova spazio nella pubblicazione di libri pensando di fare cosa gradita riportare annotazioni dell’uomo di strada, Scarabellotto, Leonardi o don Pastega. Luigi Urettini e Maria Gomierato sembrano “assuefatti”. Altro che isola felice. Nessuno sa cosa sia mai successo durante l’occupazione militare legalizzata (franco-italienne). Salta agli occhi una didascalia di una pianta topografica con “i puntini rossi” che segnalano dove le bombe sono cadute nel centro abitato e nei dintorni tra il 1917-18 del secolo scorso. Nessuno che si sia scomposto nel dichiarare “criminale” bombardare l’ospedale 202. Ammazza che strana gente gira intorno.
La mappa è allegata al foglio della REALE COMMISSIONE d’inchiesta, firmata dal sindaco Ubaldo Serena il 17 giugno 1919…Nessuna traccia della delibera o negli atti conservati gelosamente dalla  Biblioteca castellana. Anzi ci vuole un permesso speciale ed un PC disponibile all’interno del servizio pubblico. Un pochino differente di quello che Derio Turcato è da tempo collegato con gli archivi militari francesi, dal suo ufficio, per saperne di più. Da noi si rimane ancora su fonti frammentarie e singhiozzanti, sebbene trattasi di materiali storici che risalgono al secolo passato da cent’anni. Una burla.
La COMMISSIONE REALE, di cui fa cenno il sindaco distillatore Ubaldo Serena, grande cavaliere ufficiale, era stata costituita l’anno prima dal governo Vittorio Emanuele Orlando, una delle prime per stabilire le violazioni del “diritto delle genti” (bel titolo “Il diritto delle genti”, e non diritto internazionale, dal francese droit des gens), commesse dal nemico. La terminologia è francese “droit des gens” che anche don Giovanni Pastega, obbligato dal vescovo Longhin di rimanere al suo posto, pallidamente ne cita l’esistenza nel suo libretto. Così: “venne a fronte che lo stesso Sommo Pontefice si facesse intendere presso l’imperatore d’Austria perchè la guerra fosse condotta in conformità alle leggi internazionali e in consonanza ai principi umanitari“.
Dunque il curato di Castelfranco, a differenza del sindaco distillatore di democrazia e buonsenso, sa usare il gergo politico e si sgancia dalla retorica che viene riportata sul registro delle sedute municipali. Ed aggiunge: “venne benchè il Cardinale di Stato, a nome della Santa Sede, deplorasse e riprovasse i bombardamenti di città indifese, inviando telegrammi e lettere all’Arcivescovo di Ravenna, a quello di Ancona, al patriarca di Venezia, ai nostri Vescovi della Regione Veneta e al cardinale Arcivescovo di Napoli.” E conclude la sua arringa: “Anche Castelfranco, con la eloquente voce dei fatti, sta a mostrare l’accanimento nemico che, a più riprese, di giorno, di notte – specie nelle chiare notti lunari – fu crivellata da bombe esplosive o incendiarie, rovesciando case, molte altre logorandone, seminando terrore e morte in tutta la Castellana.”
Don Pastega era ben informato se allude al rispetto delle leggi internazionali e dei principi umanitari. Come mai ha bisogno di pubblicare una specie di diario dei fatti successi, includendovi anche alcune stranezze personali?
Il suo libretto ha l’imprimatur il 6 settembre 1919 dei mons. Bernardi e Gallina, cioè dopo il 17 giugno, data che appare sulla “pianta topografica” e la susseguente nomina del commissario prefettizio del 16 luglio 1919. Il mistero s’infittisce, che è successo in questi tre mesi. Come mai nelle sedute del commissario e della nuova giunta non se ne parlerà più?
Il parroco sostituisce il commissario prefettizio sull’argomento istruzione, servizi sociali di prima necessità. Parla di fronte ad un pubblico di autorità e di borghesi rimasti illesi dalle bombe. Si ritorna allo Stato pontificio?
Dalla documentazione “ufficiale” del Municipio non traspare nulla che possa inficiare trasgressione, violazione, ammontare di danni, persone offese o lese. Il Municipio deve occuparsi di impiegati e salariati, imposte, macellazione delle carni, mercato, ortaggi, strade dissestate, epidemie, scuole che non ci sono più, dei pompieri (riconosce cento lire ad un pompiere che ha perso un mantello). Solo il parroco può dire come stanno certe cose. E’ lui che stila la geografia delle bombe, dei morti, delle abitazioni distrutte. La politica non può farlo.
“Pro Infanzia” come raccolta fondi e stimolo affinché si faccia qualcosa e subito, visto che ormai l’Armistizio e la conferenza della Pace sono da tanti mesi conclusi. Lo Stato manda il commissario prefettizio. Per il resto che ci pensino gli altri, inclusi gli Americani che daranno soldi, viveri, “arnesi”.
L’esempio, sebbene non venga citato da don Pastega, potrebbe essere l’iniziativa di don Celso Costantini che nel dicembre del 1918 venne fondato a Portogruaro un istituto denominato “Ospizio dei figli della guerra” per accogliere gli illegittimi delle terre liberate concepiti durante l’anno dell’occupazione nemica, ovvero nati da donne il cui marito, per le vicende di guerra, era stato assente almeno un anno prima della nascita del bambino. Successivamente l’Istituto accolse anche i bambini nati nelle terre redente, anch’essi illegittimi, figli di ragazze e di vedove, nella maggior parte dei casi, frutto di unioni con soldati italiani durante il periodo di occupazione antecedente a Caporetto. La preferenza era dunque riservata ai nati durante la guerra nelle terre redente e invase, tuttavia l’accesso era possibile a tutti i fanciulli del Regno. Si trattava, insomma, di dare una risposta immediata all’emergenza di ricovero, a quei neonati, che in maniera ambigua erano chiamati i “figli della colpa”, che altrimenti erano esposti al rischio d’infanticidio, di morte per inedia o per maltrattamenti. La paura di fronte al giudizio della comunità o della propria famiglia, il ritorno del marito o di un famigliare dal fronte spingevano le puerpere a sbarazzarsi dell’“intruso” attraverso l’aborto o l’infanticidio come testimoniano alcune fonti giudiziarie o qualche articolo di giornale.
L’Opera Pia, aperta in un reparto dell’ex ospizio per i profughi S. Giovanni di Portogruaro per poi trasferirsi nei locali del seminario di Portogruaro, fu inizialmente  denominato, come si è detto, “Ospizio dei figli della guerra”, ma con il regio decreto del 10 agosto 1919 fu riconosciuta come opera pia con il nome di Istituto S. Filippo Neri per la prima infanzia. L’Istituto rimase sotto la presidenza del fondatore, mons. Celso Costantini, fino al 1922, quando questa passò al fratello mons. Giovanni. Nel giugno del 1923, grazie alla donazione del dottor Vincenzo Favetti, l’Istituto poté trasferirsi a Castions di Zoppola in un edificio più adatto alle esigenze dei bambini ormai numerosi e cresciuti.
“Durante il bombardamento aereo AUSTRO-GERMANICO di Castelfranco-Veneto” è il titolo del libretto . C’è di tutto, dalle stupidaggini alle cose molto serie, dai sonetti ed epitaffi ai “marameo” dentro il campanile, dalle autocelebrazioni al politichese pre-Ventennio. La vita del prete non sembra così tragica. Un don Camillo ante litteram. Si sarà più volte detto: meglio qui a dire messa che al fronte o nelle trincee che prima o dopo saresti scoppiato per aria. Era un profugo sui generis, dovendo percorrere 3,5 chilometri a piedi come “rifugio” in canonica a Campigo. Poi gli fu dato un posto in quello sotterraneo a pochi passi dalla “SUA” chiesa. Il rifugio anti aereo fu costruito dai genieri francesi tra il 1917 e il 1918 che non fu mai bombardato! “Sembrava di essere nella stiva di una nave con tanti letti a castello per un centinaio di soldati!” Una novità assoluta per Castelfranco Veneto, che ci dispiace dirlo e ripeterlo, c’è stata trascuratezza totale sia da parte dei militari italiani sia dei politici locali, quelli che accettarono per interessi personali di condurre il Municipio. Rifugi improvvisati nelle cantine delle case, dentro il campanile, sotto la torre civica. Eppure dal 1916 a tutto il 1917 si notarono tanti sopralluoghi delle squadriglie tedesche…perchè imprecare contro la Luna che permetteva con il suo bagliore dare la rotta ai piloti e bombardare a 150 metri d’altezza?

COMMISSIONE REALE D’INCHIESTA, sezione s. fasc. 3, 0136, Gemona del Friuli, 30 dicembre 1918
La sottoscritta Z. M. di anni 27, nata e domiciliata a Gemona dichiara di essere stata violentata dietro minacce di morte da un soldato germanico nel mese di dicembre 1917. Qualche tempo dopo fu di nuovo costretta a cedere con la forza alle voglie del medesimo soldato. Dalla unione il giorno 8 settembre u.s. nacque un bambino che presentemente tiene presso di sé. Il marito mutilato di guerra (ha perduto un piede) ha dichiarato di non voler tenere in casa questo bambino; è disposto però a continuare a convivere con la moglie. Letto e confermato il presente la dichiarante si sottoscrive Z. M.

[Cf. Nell’anno della fame e della violenza Le donne venete nella Reale commissione d’inchiesta 1918-19 a cura di Matteo Ermacora, in Dep, Deportate, esuli, profughe. Rivista telematica di studi sulla memoria femminile, Ca Foscari]

Annunci

Grande Guerra: Liquidazioni dei danni per requisizioni, occupazioni, lavori od altro effettuati dall’esercito nella zona di guerra della provincia di Vicenza. Un nulla di fatto

30 domenica Dic 2018

Posted by artediritto in Istruzione, Formazione, Otto-Nove Cento, Pace&Guerra

≈ Lascia un commento

Tag

Angelo Miatello (AIDA)

Alla fine delle ostilità, con il decreto n. 1711 del 15 novembre del 1918, il Presidente del Consiglio, Vittorio Emanuele Orlando decise di istituire una commissione di inchiesta incaricata di constatare le violazioni commesse dalle truppe austro-tedesche durante l’invasione del Veneto e del Friuli orientale nel corso del 1917-1918. La commissione, presieduta dal senatore Lodovico Mortara, presidente della Corte di cassazione di Roma, aveva il compito di documentare il trattamento riservato ai prigionieri di guerra e alla popolazione civile, stabilire le responsabilità
individuali ed accertare l’entità dei danni arrecati dall’occupante.
La documentazione raccolta avrebbe dovuto servire a dimostrare l’asprezza del regime di occupazione austro-tedesco alla conferenza di pace di Versailles. Il lavoro di inchiesta procedette rapidamente; sin dalle settimane successive alla fine del conflitto, ufficiali delle armate liberatrici e commissari governativi si fecero rilasciare deposizioni giurate da parte di sindaci, consiglieri, parroci, donne, che avevano sofferto le privazioni materiali e le violenze commesse dalle truppe austro-tedesche nel corso della dominazione straniera. I lavori della Commissione, che si
protrassero sino al luglio del 1919, si tradussero in circa 5.000 “relazioni orali” e
più di un migliaio di relazioni scritte. L’indagine sfociò nella redazione di 7 volumi,
pubblicati tra il 1920 e il 1921. La documentazione originale della Commissione di inchiesta – costituita da materiali preparatori, questionari, relazioni, interviste – è conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma. Pur con forti limiti dovuti alla celerità dell’inchiesta, degli intenti che questa si prefiggeva e del clima in cui questa venne condotta, i documenti raccolti rappresentano una fonte preziosa e quantitativamente rilevante per ricostruire le condizioni di vita delle popolazioni occupate e le modalità del regime di occupazione austro-tedesco.

Molti confondono retrovie come fossero state zone di serie B, ma la risposta ce l’abbiamo da come risponde il Commissario generale per le armi e munizioni:
Commissioni revisione affitti e requisizioni», il compito, ira l’altro, di risolvere e liquidare le occupazioni irregolari, continuative e transitorie, nonché i danni ai terreni e ai fabbricati causati da occupazioni irregolari, sia nel territorio invaso dal nemico, sia entro la zona attualmente dichiarata in istato di guerra.

La libertà di ritornare nel suo paese è limitata per ovvie ragioni, fra le quali quella dell’ordine pubblico, cioè sospetti che molti di loro fossero dei sovversivi o cagionassero guai?
Tuttavia limiti a questi trasferimenti sono posti necessariamente da difficoltà materiali di vario ordine, di spesa, di servizio ferroviario, di alloggio, di approvvigionamento e anche di ordine pubblico.

LEGISLATURA XXIV – Ia SESSIONE – DISCUSSIONI – TORNATA DEL 21 NOVEMBRE 1918
Deputato Roi. — Al commissario generale per le armi e munizioni. — « Per conoscere come intenda di provvedere più sollecitamente alle liquidazioni dei danni per requisizioni, occupazioni, lavori od altro effettuati dall’esercito nella zona di guerra della provincia di Vicenza, dove i reclami e gli accertamenti non liquidati si vanno accumulando inevasi in modo impressionante, procurando lamenti gravissimi da parte dei danneggiati che aspettano anche da oltre tre anni il Pagamento del loro avere ».
RISPOSTA. — «In ordine alle liquidazioni, occupazioni, lavori ed altro effettuati dall’esercito in provincia di Vicenza, come 111 genere in tutta la zona di guerra, occorre distinguere fra danno di guerra, requisizioni regolari e requisizioni irregolari. « Circa i danni di guerra veri e propri, dei quali con decreto luogotenenziale 8 giugno 1°18, n. 780, è stato riconosciuto in massima per le Provincie invase il diritto a risarcimento nei limiti e con le modalità dà stabilirsi con legge speciale, è da osservare che, non essendo ancora’ promulgata siffatta legge, non è per ora ammessa una regolare procedura di accertamento e di liquidazione, ma soltanto è data facoltà al Governo di ricevere e di esaminare le denuncie dei danni di guerra anche per l’eventuale conservazione delle prove: denuncie della cui raccolta e coordinazione è “incaricato l’Alto Commissariato dei profughi di guerra.
«Riguardo alle requisizioni regolari, effettuate cioè con l’osservanza delle norme regolatrici della materia in zona di guerra, non constano al Ministero né al Comando Supremo inconvenienti nel servizio di liquidazione delle corrispondenti indennità e può assicurarsi che gli. eventuali reclami degli interessati vengono esaminati sollecitamente.
« Relativamente, infine, alle requisizioni irregolari – a quelle, cioè, eseguite senza regolare ordine e precetto di requisizione, o senza regolare presa di possesso, o verso rilascio di buoni difettosi – s i deve far presente che per disciplinare questa importante materia è stata di recente emanata dal Comando Supremo (Segretariato generale per gli affari civili) apposita circolare, portante la data del 22 agosto prossimo passato e il numero 228624, con la quale viene demandato ad apposite Commissioni già esistenti presso le Intendenze d’armata, e che sono venute ad assumere la denominazione di « Commissioni revisione affitti e requisizioni», il compito, ira l’altro, di risolvere e liquidare le occupazioni irregolari, continuative e transitorie, nonché i danni ai terreni e ai fabbricati causati da occupazioni irregolari, sia nel territorio invaso dal nemico, sia entro la zona attualmente dichiarata in istato di guerra. In conseguenza alle liquidazioni delle indennità dovute per requisizioni irregolari si ha ora affidamento che sarà proceduto con la maggiore sollecitudine.
« Qualora, tuttavia, fossero segnalati casi specifici di ritardata liquidazione, non si mancherebbe di prendere di volta involta gli opportuni provvedimenti.
« Il commissario generale « ÑAVA » .

LEGISLATURA XXIV – Ia SESSIONE – DISCUSSIONI – TORNATA DEL 21 NOVEMBRE 1918
Deputato Rota ed altri, — Al presidente del Consiglio dei ministri. — « Per sapere per quali motivi la massima parte dei prefetti del regno si oppongono sistematicamente alle prescrizioni chiaramente date dall’ Alto Commissariato per i profughi di guerra relative al trasferimento da una provincia all’altra dei medesimi per ragioni di salute, di famiglia e di lavoro, ragioni imposte dai più elementari doveri di umanità e dal più evidente interesse nazionale e per sapere in quale modo intenda di por rimedio a questo stato di cose, poiché gl’inconvenienti che ne derivano sono dopo otto mesi arrivati ad un punto tale da non poter più essere giustamente tollerati né dai profughi, è dai loro rappresentanti ».

RISPOSTA. — « Nei limiti del possibile il Commissariato, dei profughi ha disposto, e gli uffici governativi provinciali hanno eseguito, i trasferimenti di profughi da provincia a provincia richiesti in base a motivi di salute, di famiglia, di lavoro.
«Tuttavia limiti a questi trasferimenti sono posti necessariamente da difficoltà materiali di vario ordine, di spesa, di servizio ferroviario, di alloggio, di approvvigionamento e anche di ordine pubblico. 
«Devesi poi aggiungere che le richieste di trasferimento fatte direttamente dai profughi o da loro intercessori e rappresentanti, così come le indicazioni di impiego assicurato, con cui i richiesti trasferimenti sono motivati, sono t molto spesso fallaci. Per modo che le persone citate come quelle che avrebbero offerto ai profughi protezione e lavoro, dichiarano poi di non aver nulla promesso; e spesso i profughi trasferiti secondo la loro domanda, dichiarano di non volere più muoversi o di volere sede diversa da quello prima richiesta.
«Tuttavia, nonostante queste numerose difficoltà, subbiettive ed obbiettive, l’Alto Commissariato e gli uffici esecutivi procurano di compiere tutti i possibili aggruppamenti di famiglie profughe, precisamente richiesti ed utili.
« Il sottosegretario di Stato : per Vinterno»
« B O N I C E L L I »

Il Presidente Ciambetti ha ricevuto a palazzo ferro Fini il generale di corpo d’armata Amedeo Sperotto comandante delle Forze Operative Nord

20 giovedì Dic 2018

Posted by artediritto in Cronaca, Istruzione, Formazione

≈ Lascia un commento


Il Presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, ha ricevuto quest’oggi a palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto,  il generale di Corpo d’Armata Amedeo Sperotto che dal luglio di quest’anno ha assunto l’incarico di Comandante delle Forze Operative Nord. “Un incontro franco e cordiale – ha detto Ciambetti – con una figura chiave dell’Esercito e delle Forze Armate per l’Italia Settentrionale, un uomo dalla lunga e prestigiosa carriera al servizio delle Istituzioni e delle missioni di Pace che hanno contraddistinto l’operatività italiana.”

L’incontro di fine anno con gli operatori dell’informazione: Auguri reciproci nel rispetto delle regole

20 giovedì Dic 2018

Posted by artediritto in Istruzione, Formazione

≈ Lascia un commento

Tag

Angelo Miatello (cronaca)

Si è svolto oggi a palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto, il tradizionale incontro di fine anno con gli operatori dell’informazione.
Il Presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti ha introdotto la cerimonia ricordando come “Il Time ha scelto come ‘Persona dell’anno’ 2018 un gruppo di giornalisti minacciati per il loro lavoro, un  gruppo, che la rivista ha deciso di chiamare ‘The Guardians’, i guardiani. Parto dai Guardiani perché anche palazzo Ferro Fini ha i suoi Guardiani che saluto con stima e ai quali va il ringraziamento di tutta l’istituzione, di tutti i gruppi politici”.
“Purtroppo – ha proseguito Ciambetti – le condizioni di lavoro di molte redazioni, sotto dimensionate e gravide di incombenze, portano talvolta a un lavoro sempre più pesante e anche a incespicare in alcuni errori che, tuttavia, rappresentano una eccezione”.
“Seguire il Consiglio regionale non è facile, né agevole come capita in una istituzione che ha una vita particolarmente intensa – ha sottolineato il Presidente – l’Ufficio di Presidenza si è riunito 37 volte e ha assunto 98 deliberazioni, tra le quali vorrei rammentare quelle relative all’assunzione delle cosiddette Seconde Deleghe del Corecom, servizio eccezionale svolto a favore dei cittadini. A proposito, ringrazio il Presidente Gualtiero Mazzi per la sua presenza. Ricordo poi, tra i provvedimenti presi, l’istituzione di una borsa di studio in memoria di Gloria Trevisan e Matteo Gottardi in cooperazione con l’Università di Venezia, nell’anno che ha visto la dedica della sala della Biblioteca del Consiglio regionale a Valeria Solesin. Gloria, Matteo, Valeria, come Luca Russo e, da ultimo, Antonio Megalizzi, giovane trentino a cui l’Ordine dei giornalisti ha riconosciuto l’iscrizione ad honorem, assassinato a Strasburgo: i nostri giovani morti all’estero che non possiamo né vogliamo dimenticare”.
“Altro momento importante per l’Ufficio di Presidenza – ha ricordato ancora Ciambetti – il Protocollo d’Intesa siglato tra Consiglio e l’Università di Padova per la collaborazione in materia di educazione alla legalità e di contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa in Veneto, tema questo per altro sviluppato nel corso dell’anno con una serie di iniziative in più sedi, a cui ha partecipato attivamente il Vicepresidente Pigozzo. Proseguendo velocemente, vorrei ricordare l’approvazione delle Linee Guida e programmatiche della politica della qualità che ha portato il Consiglio, tra le poche Assemblee Legislative in Italia, ad essere certificato ISO 9001, in regola con la normativa più aggiornata, e vorrei sottolineare il ruolo svolto dal Vicepresidente Giorgetti nella gestione del personale:  la qualità non nasce solo dal rispetto di una serie di norme, ma soprattutto dalla capacità di gestione dell’intera struttura e dal lavoro svolto. Altro passaggio fondamentale per l’Ufficio di Presidenza, è stata  l’Istituzione del Consiglio delle Autonomie Locali, la CAL. Sono stati poi assunti gli adeguamenti alle normative europee sia in fatto di privacy,  sia per i trattamenti dei dati personali. Infine, l’organizzazione della seduta straordinaria del Consiglio presso il Museo della Grande Guerra a Punta Serauta sulla Marmolada. E’ continuata con esiti notevoli, direi, l’apertura di Palazzo Ferro Fini ad eventi culturali, presentazioni di libri, documentari e studi: indimenticabile la prima mostra retrospettiva europea dedicata a Nancy Genn, ma vorrei rammentare anche l’esposizione sull’Emigrazione Italiana e quella più recente dedicata all’epopea di Al Alamein. La Mostra ‘Il fronte Veneto della Grande Guerra: 100 anni in 100 fotografie’, toccando Cornuda, Cortina e  Borgoricco, ha concluso il suo itinerario durato quattro anni nel territorio. 35 sono state le presentazioni di libri e, tra questi, oltre allo studio ‘La classe politica regionale: il Veneto’, il volume ‘A Due Passi dal Fronte’, dedicato alla Grande Guerra, con il quale abbiamo celebrato la conclusione del centenario del primo Conflitto mondiale”.
“Voglio inoltre ricordare la prima edizione del concorso riservato alle scuole superiori ‘Il Veneto per Me’ – ha proseguito il Presidente del Consiglio –  che ha avuto un successo insperato e una elevata partecipazione da scuole di tutte le sette province venete. Quest’anno, oggi compreso, si sono svolte 40 sedute del Consiglio regionale, con l’approvazione di 47 Deliberazioni legislative e 183 Deliberazioni amministrative. Dall’inizio della Legislatura sono state presentate 418 Proposte di Legge regionali, delle quali 226 licenziate dalle Commissioni e 192 approvate dall’aula consiliare. 51 sono state le Proposte di Legge Statale, 18 delle quali licenziate dall’aula consiliare. Di iniziativa del Consiglio sono state 321 proposte, 141 da parte della Giunta e 13 di iniziativa popolare o altri soggetti”.
“Ad oggi, da un punto di vista quantitativo – ha puntualizzato il Presidente del Consiglio – questa Legislatura ha già superato, per numero di Progetti di Legge e provvedimenti approvati, i dati toccati complessivamente dalle VII, VIII e IX Legislatura: credo che da solo il dato numerico dia l’indice della, per così dire, produttività, dell’aula, un Consiglio regionale che si è distinto soprattutto per partecipazione e presenza in aula, oltre che nel lavoro delle Commissioni: indicativamente, su 51 consiglieri, 46 hanno avuto una presenza superiore al 90 percento delle sedute plenarie e 5 al 100 percento. Prima di elencare i principali provvedimenti esaminati dal Consiglio, occorre ricordare che nella Decima Legislatura sono state istituite, ed hanno concluso i rispettivi lavori approvando delle relazioni, la Commissione d’Inchiesta per le acque inquinate del Veneto in relazione alla contaminazione di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) presieduta dal collega Brusco, e la Commissione Speciale d’Inchiesta sui gravi fatti riguardanti il sistema bancario in Veneto, presieduta nella seconda edizione da Giovanna Negro.
Tra i provvedimenti legislativi di quest’anno, vorrei ricordare la Legge Regionale 23 febbraio 2018, n. 11, ‘Disposizioni per l’inclusione sociale, la rimozione delle barriere alla comunicazione e il riconoscimento e la promozione della lingua dei segni italiana e della lingua dei segni italiana tattile’, la  LR 13/2018 ‘Norme per la disciplina dell’attività di Cava’,  la Legge Regionale 21 giugno 2018, n. 21, ‘Interventi regionali per la promozione e la diffusione dei diritti umani nonché la cooperazione allo sviluppo sostenibile’, la Legge Regionale 21 giugno 2018, n. 22, con le  Modifiche alla L.R. 23 aprile 2013, n. 5, ‘Interventi per prevenire e contrastare la violenza contro le donne’, la Legge Regionale 26 giugno 2018, n. 23, ‘Norme per la riorganizzazione e la razionalizzazione dei Parchi Regionali, la Legge Regionale 8 ottobre 2018, n. 34, ‘Norme per la tutela, lo sviluppo e la promozione dell’artigianato veneto’, e infine la Legge Regionale 25 ottobre 2018, n. 35, ‘Veneto, terra di pace’. Non da ultimo, sottolineo l’approvazione della manovra finanziaria entro la prima metà di dicembre e il Piano Socio Sanitario Regionale, attualmente in discussione in aula consiliare”.
“Come vedete, anche solo per sommi capi – ha evidenziato Roberto Ciambetti – l’attività del Consiglio regionale è stata indubbiamente importante e ha visto il contributo di tutti i consiglieri, di Maggioranza come di Opposizione, che non hanno tralasciato, anzi, l’attività di indirizzo, sindacale e ispettiva, attraverso Interrogazioni e Interpellanze, Mozioni e Ordini del Giorno. Credo sia giusto illustrare nel dettaglio, e con opportune schede, questa nostra attività, e vi rimando ad una apposita iniziativa che svolgeremo in tal senso nelle prossime settimane: oggi siamo qui per scambiarci gli auguri e per quanto riguarda questo nostro appuntamento ribadisco quanto sto dicendo da tempo: senza il Quarto Potere, senza la Stampa, la Democrazia perde un suo pilastro fondamentale. A questa considerazione, oggi, ne aggiungo un’altra: nell’epoca dell’incompetenza, delle Bufale o fake news, la libera stampa e i giornalisti  sono una diga contro il ritorno e il riflusso di superstizioni e dicerie, false credenze e menzogne che possono avere esiti nefasti in una società complessa come la nostra”.
“A voi tutti, ai vostri colleghi che oggi vivono momenti difficili se non amari, va tutta la nostra solidarietà – ha concluso il Presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti – con la speranza che giungano tempi migliori anche per l’editoria, il sistema radiotelevisivo e i nuovi Media che non possono fare a meno della vostra professionalità. Prego ai rappresentanti dell’Ordine e del Sindacato dei giornalisti di portare questo messaggio di solidarietà ai propri iscritti”.
Il Vicepresidente Bruno Pigozzo: “Credo che l’esercizio della critica, da parte della Stampa, sia l’essenza del lavoro della Politica e che vada quindi salvaguardato. Come credo che vadano maggiormente tutelati i giornalisti d’inchiesta minacciati o sotto attacco per il lavoro svolto. Tra le diverse iniziative messe in campo dal Consiglio Regionale, ricordo in particolare l’approvazione all’unanimità della Legge n. 48/2012 che promuove la cultura della legalità e porta avanti il contrasto alle Mafie in generale. Nei giorni scorsi, ho avuto un proficuo colloquio con il Procuratore Nazionale Antimafia, il quale mi ha confermato che queste iniziative che coinvolgono le diverse Assemblee Legislative regionali andranno avanti con un coordinamento centrale. Il Veneto ha bisogno di legalità, di giustizia ed equità, di certezza del diritto, per svilupparsi in modo giusto e armonico”.
Il Vicepresidente Massimo Giorgetti ha rivolto alla Stampa “un caloroso e sentito ringraziamento per tutto quello che state facendo”.
Il consigliere Segretario Antonio Guadagnini: “Pe avere una Stampa veramente libera bisogna rivedere l’intero sistema di finanziamento, perché fino a quando ci saranno dietro colossi industriali che pagano di tasca propria, i giornalisti non saranno mai veramente liberi di scrivere. Credo che non sia corretto né il finanziamento statale né quello privato, va rivisto il tutto con nuovi criteri”.
Il consigliere Segretario Simone Scarabel: “Il Movimento 5 Stelle è per la libertà di stampa che però non va confusa con la libertà di mentire, il rispetto deve essere reciproco. Personalmente, se devo scegliere tra finanziare con risorse pubbliche l’Editoria e dare soldi ai cittadini affinché questi possano informarsi in modo libero e consapevole, allora scelgo quest’ultima via”.
Giorgio Gasco, in rappresentanza dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto: “Porto i saluti del Presidente Gianluca Amadori. Negli ultimi anni, purtroppo non è migliorato il rapporto tra Politica e Informazione. L’informazione va assolutamente tutelata e garantita per preservare il fondamentale diritto di libertà, di sentirsi tutti cittadini veramente liberi. Per questo motivo, ammetto che trovo sbagliato, a livello nazionale, l’emendamento Pentastellato che riduce ulteriormente i finanziamenti pubblici all’Editoria. Per fortuna, in questo senso, il Veneto va in controtendenza. E a chi vorrebbe chiudere l’Ordine dei Giornalisti, ricordo che questa istituzione svolge importantissime funzioni di rappresentanza, di formazione, di garanzia nei confronti dei cittadini per una buona informazione. Il giornalista è chiamato a informare e a esercitare funzioni di controllo, anche nei confronti della Politica, rischiando inevitabilmente di attirarsi alcune antipatie”.
Monica Andolfatto, Sindacato dei Giornalisti del Veneto: “Sono reduce dalla vertenza in ordine alla situazione dei giornalisti del Messaggero di Sant’Antonio, forse la più crudele battaglia sindacale che ho dovuto affrontare nella mia breve carriera di giornalista prestata al sindacato. Il vero problema non sta tanto nel licenziamento dei giornalisti, ma nel fatto che si vuole portare avanti un giornale senza giornalisti, e questo è molto grave. Per fortuna, è scattata una grande solidarietà che fa capire ancora una volta come i giornalisti sono chiamati a fare squadra. Sottolineo anche come il settore dell’Editoria, più di ogni altro, ha subito una grave emorragia di personale e richiamo la difficile situazione vissuta dai colleghi precari. Anche nel mondo dell’informazione, la qualità e la professionalità devono essere pagate in modo equo”.

La TAV deve fare i conti con i quattro gatti di Verona, lo dice Brusco del M5S

17 lunedì Dic 2018

Posted by artediritto in Ambiente, Istruzione, Formazione

≈ Lascia un commento

“Sono rimasti pochi a difendere la TAV in Veneto. Poche decine di persone, almeno se guardiamo l’esito della manifestazione Sì Tav che si è tenuta sabato a Verona. Gli organizzatori si aspettavano migliaia di manifestanti, invece erano quattro gatti. Anzi, quattro gatti ‘politici’: c’erano esponenti del PD, di Forza Italia, della Lega e di Fratelli d’Italia. Questa strana alleanza conferma che quest’opera non serve ai cittadini”.
Lo afferma il Capogruppo in Consiglio regionale del Movimento 5 Stelle, Manuel Brusco, che ribadisce come “Noi non siamo contro le grandi opere. Noi siamo contro le grandi opere trasformate in mangiatoie. Noi siamo contro le grandi opere che nascono già vecchie. La Tav, esattamente come la Pedemontana, e molte altri maxi operazioni che costano ai cittadini decine di miliardi, è un dinosauro che non ha alcun modello di sviluppo di fronte a sé”.
“E tutto ciò – conclude Manuel Brusco – accade mentre i nostri pendolari sono costretti ad andare al lavoro o a studiare utilizzando treni inaccettabili in un Paese civile, o percorrendo strade devastate o usufruendo di mezzi pubblici poco efficienti”.

Semenzato (LN): “Ruspe al campo sinti di Mestre. Finisce oggi il flop del modello di integrazione imposto per anni dalla Sinistra. L’area sia ora affidata a persone davvero bisognose”

17 lunedì Dic 2018

Posted by artediritto in Istruzione, Formazione

≈ Lascia un commento

“Sono molto soddisfatto che il modello di integrazione che ha voluto imporci a forza la Sinistra, per anni a capo della città di Venezia, rivelatosi un enorme flop, trovi oggi la sua fine. Il campo Sinti voluto e costruito dall’ex sindaco Massimo Cacciari, che avrebbe dovuto rappresentare un emblema di civiltà e che era costato centinaia di migliaia di euro, si era in realtà mostrato fin da subito come un ennesimo accampamento fatto di camper, roulotte e rifiuti ammassati e in cui l’illegalità faceva da padrona. Ma finalmente questa pagina di degrado oggi è finita”.
Con queste parole, il consigliere regionale della Lega Nord, Alberto Semenzato, commenta “la demolizione del villaggio sinti di Via del Granturco a Mestre, iniziata stamattina con l’arrivo delle prime ruspe, dopo una serie di articoli sui giornali locali che documentavano lo stato di completo abbandono in cui versava l’area”.
“La situazione non poteva più essere tollerata – precisa il consigliere regionale – Gli ospiti non hanno mai voluto adeguarsi allo stile di vita che, per le filosofie buoniste, sarebbe dovuto essere un modello. Niente scolarizzazione per i minori, igiene precaria, case distrutte o modificate senza permessi. Ogni tentativo da parte dei Servizi Sociali di portare i residenti a una condizione di vita ‘dignitosa’ si è rilevato infruttuoso. Trovo giusto che, davanti all’ennesima dimostrazione di inutili spese e bei sogni andati, le casette più danneggiate vengano distrutte e le altre sistemate e che, vista la grave crisi sociale, vengano affidate a persone che vivono sulla o ancor peggio sotto la soglia di povertà, permettendo loro di avere una abitazione decorosa”.
“Questi interventi – osserva Semenzato –  non saranno però indolori per le casse comunali. Serviranno infatti fondi per ripristinare i danni compiuti dagli ingrati ex abitanti e questi ricadranno inevitabilmente sulle spalle dei veneziani, perché presumo che nessuno degli ex inquilini pagherà. Auspico che la lezione sia servita a tutti e che si prenda atto del fatto che i soldi dei contribuenti non possono essere buttati al vento per idee utopistiche. La vita reale non è paragonabile alla filosofia”.
“È evidente che con chi non vuole vivere civilmente si deve usare fermezza – conclude Alberto Semenzato – Basta con gli sprechi e con il vivere sul filo dell’illegalità. Non è questo ciò che la società chiede e merita”.

Conte presenta una interrogazione alla Giunta: “Bene i controlli disposti dalla Regione sul personale ATA diplomato in Campania. È necessario però estendere i controlli a tutto il personale ATA non diplomato in Veneto e soprattutto chiudere la partita con il Governo per l’Autonomia scolastica!”

13 giovedì Dic 2018

Posted by artediritto in Istruzione, Formazione

≈ Lascia un commento

È doveroso fare chiarezza – commenta il consigliere Maurizio Conte Presidente del gruppo consiliare regionale “Veneto per l’Autonomia”- per tutelare chi rispetta le regole ed è altrettanto doveroso – dopo le tante promesse e i ripetuti annunci – chiudere il prima possibile la partita dell’Autonomia, anche in ambito scolastico, come i fatti di cronaca di questi giorni ci impongono.
Mi riferisco al caso del personale ATA (bidelli, amministrativi e tecnici) assunto nelle scuole venete grazie a curriculum da premio Nobel, con diplomi conquistati, rigorosamente con il massimo dei voti, versando 5 mila euro ad istituti privati campani che ad oggi, a distanza di pochi anni dalla nascita, risultano non essere più attivi.
Purtroppo temo che il malcostume non riguardi solamente la Regione Campania e ne è prova un caso analogo che si è verificato ad Agrigento per il quale i magistrati hanno disposto il sequestro di una ventina di diplomi di scuola superiore, iscrivendo nel registro degli indagati 110 soggetti tra dirigenti, insegnanti e personale di supporto.
Oggi ho presentato in Consiglio regionale un’interrogazione invitando la Giunta ad effettuare ulteriori controlli, e soprattutto fare chiarezza, sui titoli di merito e diplomi autocertificati dal personale ATA e rilasciati da enti ed istituti scolastici privati di altre Regioni, non solo della Campania. Queste verifiche andranno ad aggiungersi a quanto ha già richiesto l’Assessore Donazzan ai Presidi dei nostri Istituti Scolastici.
Per evitare che questa ingiustizia non si ripresenti in futuro, e affinché sia garantita l’assunzione di personale effettivamente qualificato in tutti gli istituti scolastici della nostra Regione, è necessario concludere quanto prima la trattiva con il Governo sull’Autonomia, rivendicando – conclude il Consigliere Conte – una concreta autonomia anche in materia di istruzione scolastica.

12287-Le_Giornate_del_Cinema_Muto

Ciambetti: “A un anno dalle elezioni in Catalunya, si ritrovi la via del dialogo e si neghi ogni spazio ad avventure violente. Si al confronto, no alla violenza”

12 mercoledì Dic 2018

Posted by artediritto in Cronaca, Istruzione, Istruzione, Formazione

≈ Lascia un commento

“La violenza è una forma di sconfitta:  anche le cause migliori e più nobili quando lasciano spazio a forme di protesta violente  rischiano di far passare nella parte del torto chi invece inizialmente aveva ragione da vendere”. Il presidente del Consiglio regionale del veneto, Roberto Ciambetti, non ha dubbi: “ Non penso solo alla Francia dei Gilet Gialli dove bisogna distinguere tra provocatori e la stragrande maggioranza di cittadini onestamente indignati scesi in piazza a protestare: guardo piuttosto e con sincera preoccupazione alla Spagna, dove la mancanza di ascolto e dialogo ha generato e condizionato una frattura scomposta tra Barcellona e Madrid”. Nell’ottobre del 2017  Ciambetti fu tra gli osservatori internazionali del Referendum  per l’indipendenza della Catalunya “Fra pochi giorni sarà un anno da quando il 21 dicembre 2017, con le elezioni imposte da Rajoy,  il popolo catalano dette la maggioranza dei seggi ai tre partiti indipendentisti catalani. Da allora, unico caso in Europa, esponenti politici liberamente eletti sono stati costretti all’esilio, altri sono finiti in galera in palese violazione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e nel silenzio agghiacciante di una Unione Europa che alza la voce per pochi decimali nei bilanci degli stati membri ma fugge e tace davanti a principi e valori democratici di cui dovrebbe essere la prima garante.  La situazione non si è sbloccata e mi auguro che nessuno , magari prendendo a presto l’anniversario del 21 dicembre, voglia forzare la mano scegliendo la via della violenza che darebbe la scusa per una repressione durissima: capisco bene che la pazienza manifestata dai catalani sia stata eccezionale ed eccezionalmente lunga, ma non vorrei che nelle giuste aspirazioni e speranze si intrufolassero provocatori o anche solo dei fanatici dalla vista, e intelligenza politica, alquanto corta. Bisogna emarginare i profeti di ogni violenza. Auspico – conclude Ciambetti –  piuttosto, la ripresa di un negoziato con il governo di Madrid:  so bene che sembra difficilissimo ristabilire un confronto franco e sereno, anche alla luce delle elezioni in Andalusia, ma  la politica rimane l’arte del possibile.  Meglio una discussione aspra, anche dai toni accesi, ma costruttiva che tafferugli e piazze spaventate”

Cover di Aidanews e programma 1998: Convegno internazionale Diritti delle Minoranze, tenuto a Riese Pio X nel 1998, con il patrocinio dei Comuni di Riese, Castelfranco, Jesolo, Regione Veneto, Università di Padova, ONU Ginevra- Bureau DH, CICR Ginevra. E con la partecipazione di relatori prof. Marina Spinedi, Antonio Papisca, Marco Mascia, Letizia Gianformaggio, Antonio Antonioni, Jean-François Gareau, e Mrs Cecilia Thompson, Alto Commissario ai Diritti dell’uomo e dei politici Luca Baggio, Luciano Dussin, Ettore Beggiato, Fabrizio Comencini, Renato Martin, Alfons Benedikter.
A vent’anni da questo incontro pubblico che preannunciava la scalata governativa della Lega Nord, al tempo delle camicie verdi e delle ampolline con l’acqua del Po, ci onoriamo di essere stati i primi nell’ambito regionale di aver coinvolto i politici locali in un dibattito internazionale. Da allora i frutti sono arrivati: la Lega Nord è al governo assieme ai 5 Stelle, scatenando rabbia e reazioni scomposte di chi ha perso le elezioni e dei suoi seguaci giornalisti, intellettuali e boiardi di stato.

“Mappabombe” austro-germaniche e lo “scialle” del generale francese. Crimini e disavventure nella città di Giorgione durante la Grande Guerra

07 venerdì Dic 2018

Posted by artediritto in Istruzione, Formazione, Otto-Nove Cento, Pace&Guerra

≈ Lascia un commento

Tag

Angelo Miatello, Derio Turcato, Don Giovann Pastega, Giuseppe Leonardi, Lucien Zacharie Marie Lizé, Luigi Urettini, Maria Gomierato, Stefano Bonaldo, Ubaldo Serena

La polemica ormai sta esondando, non si parla altro che della “targa” dedicata al generale francese, inaugurata il 4 novembre 2018 in pazza Giorgione di Castelfranco Veneto (Tv). Dal Corso XXIX aprile alla Piazza ci sono lapidi e un monumento ai caduti delle guerre devastatrici (lato Giardini). Segni tangibili, assieme alle lapidi di via Riccati sui muri della Scuola (forse in futuro Conservatorio musicale), di un popolo guerresco (guerre di difesa, belle, giuste e sante e di aggressione, tutt’un fascio). L’ultima targa ricordo parla del generale Lucien Zacharie Marie Lizé (Angers 25.02.1864-Castelfranco-Galliera 5.01.1918) che fu a capo della Decima divisione armata di Artiglieria (pesante e genieri), insediatasi a Castelfranco il 5 dicembre 1917, cinquantadue giorni dopo la disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917), in cui l’Esercito italiano (Cadorna) ed i suoi alleati dovettero arretrare di quasi cento km dal precedente confine isontino. Battaglie frontali sui monti, incursioni aeree sulle città indifese. Un disastro annunciato per chi era dietro le quinte, una sorpresa per il popolo (il 98 per cento!). Gli strateghi sapevano. E questo è, se volete, il primo aspetto tragico della storia italiana. Gli storici si dividono. Fu un atto dovuto anche la chiesa cadde nella rete. Castelfranco, come molti altri comuni, si ritrovarono da un giorno all’altro sul fronte (il raggio aereo superava quello vecchio ottocentesco del tiro del cannone. Lo sapevano gli strateghi ma non mons. Giacinto Longhin che scrisse al Papa Benedetto XV implorandolo d’intervenire presso le potenze belligeranti). Poco importa se i politici di allora facevano finta di giocare con le parole, pro o contro l’intervento (i socialisti che gridavano “viva la bella guerra”, anche in consiglio comunale!). Così pure la Chiesa tanto ramificata che avrebbe potuto rivoltarsi e trasformarsi in martire contro la guerra. Invece no. Mandiamo i preti cappellani e seminaristi nelle trincee, negli ospedali. Nel giro di poche settimane gli abitanti si ritrovarono occupati e presidiati dai militari. Le amministrazioni comunali chiudevano i municipi e si trasferivano altrove. Però dove c’era bisogno di una “primordiale” amministrazione per le cose correnti, visto che di manovalanza ce n’era sempre bisogno e i campi bisognava comunque lavorarli per sfamare le truppe (altro che “buoni affari”, come lo stupido garzone Scarabellotto detta al suo biografo), rimase in piedi con il bene placido di una garanzia di salvacondotto. Un profugato di casa nostra che andava a Campigo o a Treville a passare la notte o si rinchiudeva dentro il campanile della Pieve.
Castelfranco era presidiata (militarizzata) dall’esercito italiano, poi vennero i Francesi che qui trovarono una ragione in più per stabilirsi (una strategia ben studiata come supporto e da contraccolpo). L’obiettivo era un nemico comune, l’austro-germanico, che per il Veneto francamente era poca cosa (alcune parti del litorale adriatico ex Serenissima), ma non il Friuli Venezia Giulia o il Trentino irridenti, da un secolo ormai sotto l’Austria. Una guerra che è costata miliardi per alcuni km quadrati? Forse era meglio convivere e cooperare in un buon vicinato.
Detto questo, senza nessuna pretesa di avere la verità assoluta sulla Storia, a Castelfranco è successo il finimondo durante il 1917-1918: violenti bombardamenti aerei austro-germanici l’hanno distrutta con la consapevolezza di disintegrare il tessuto sociale che rimaneva ancora in vita (ne abbiamo le prove!). Si possono capire gli attacchi frequenti alla stazione ferroviaria, ai treni zeppi di materiale bellico, di soldati, alle fabbriche più o meno trasformate in depositi di armamenti o riconvertite per l’assemblaggio, ma non si possono cancellare le bombe granata e incendiarie lanciate contro ospedali, siti adibiti al pronto soccorso e all’obitorio. Altro che “pollaio di 150 galline maciullate!” (Cf. Don Pastega, nota ripresa da Urettini e Gomierato). Oltre all’uccisione di civili che si trovavano nei paraggi dei bersagli aerei (donne e bambini), caddero feriti già ricoverati, anziani infermi, medici, infermieri, volontari, suore e un frate. Questi furono e rimangono crimini impuniti. I piloti austro-ungarici ed i loro comandanti sono stati dei criminali.
Già all’epoca esistevano delle convenzioni di diritto umanitario che tutelavano i feriti, il corpo sanitario e i prigionieri di guerra. Già all’epoca con i trattati di pace di Versailles furono decisi risarcimenti e sanzioni per danni di guerra e per i crimini commessi (l’Alta Corte di Lipsia).
Non ricordarlo cent’anni dopo, soprattutto da sindaci e amministratori che si atteggiano ad essere “per la pace e per il principio costituzionale che l’Italia ripudia la guerra come soluzione di controversie”, promotori dei Diritti dell’uomo, della Carta delle Nazioni Unite e del Diritto umanitario internazionale, significa prendere in giro i nostri parenti e amici morti ingiustamente. Oltre al danno anche la beffa.
E così fu anche per lo sfortunato generale francese Lucien Zacharie Marie Lizé, al quale è stata dedicata una targa in piazza Giorgione. Targa, fra l’altro errata. Una settimana prima della sua infame uccisione (fine dicembre 1917), l’esercito francese aveva conquistato Tomba-Monfenera, sequestrando cannoni, mitragliatrici, armi e catturando 1500 soldati austro-ungarici (albanesi?). Una vittoria che causò immediate rappresaglie qui da noi.
Analizzando e confrontando la notizia data per certa sulla dinamica della morte del generale francese Lucien Zacharie Marie Lizé che, secondo una schiera di autori locali, fu colpito il quattro gennaio 1918 da una scheggia di bomba aerea mentre attendeva in auto l’autista che lo doveva portare via….usciva dall’albergo alla Spada… ci si è accorti che i conti non quadravano. Il merito va dato alla ricerca certosina di Derio Turcato che ha scovato le informazioni precise e non “inventate” dal notista di turno (dal parroco don Pastega o dal farmacista Leonardi).
Infatti, secondo fonti militari ufficiali, firmate e catalogate (ospedale d’evacuazione, testimonianze di ufficiali militari, memoriali) la bomba aerea che lo ha colpito è scoppiata alle ore 5:10 del 5 (cinque) gennaio 1918, trasportato d’urgenza al reparto chirurgico alle 7:30, morirà alle 9:35 all’ospedale di evacuazione a Galliera. Si noti che quattro giorni prima gli ospedali castellani subirono ingenti danni di bombe aeree, molti feriti e una trentina di morti, fra cui il chirurgo dott. Malatesta, il collega dott. Bagagnone, l’infermiere Della Massa…il frate minore padre Geremia Monaco, … tutti nomi dimenticati! Niente targa per loro. Vergogna.
Con due diversi dettagli (che abbiamo chiamato “varianti in corso d’opera” dati neo amministratori laureati in architettura o diplomati geometri):
– l’unica fonte scritta castellana (un libretto parrocchiale di 68 pagine dal titolo “Durante il bombardamento aereo austro-germanico su Castelfranco-Veneto”, pubblicato tra sett/ott 1919 da don Giovanni Pastega, parroco della Pieve) afferma che: “il generale Lizet (sic) viene colpito da scheggie di bomba mentre metteva il piede sullo staffone dell’automobile. L’infelice Generale cadde a pochi metri dal monumento del Giorgione...” Il libercolo, ricordiamolo per inciso, ha il “Nulla osta alla stampa del 6 settembre 1919 di Mons. dott. Valentino Bernadi e l’IMPRIMATUR della Curia Vescovile del 6-9-19 di Mons. Vitale Gallina, Provic. Generale.
– La seconda fonte manoscritta privata di qualche anno più tardi (Zibaldone del farmacista veneziano Giuseppe Leonardi, che fungeva anche come assessore nel periodi guerra) racconta che “il generale Lizet (sic) stava seduto nell’auto ed aspettava l’autista ch’era andato a prendergli uno scialle in albergo” e “quando tornò trovò un ammasso di roba in cui non si distingueva niente”. L’albergo è “Alla Spada”.
Cent’anni dopo si può ancora ripeterli in pubblicazioni (Urettini, Gomierato), nei social (sindaco Bonaldo) e sul palcoscenico del Teatro Accademico (Bonaldo e Simeoni)?
Si tratta di notizie narrate in taccuini sporchi e unti di “sangue e fango”, di “castrato e di frittata”, che vanno bene per una commedia pirandelliana ma non per la Storia.

“Staffone dell’automobile” o “scialle” personale? Un po’ colorita la sequenza di morte sotto un “violento bombardamento” tedesco come i dispacci militari francesi puntualizzano. Dove fu colpito – locus delicti? “A pochi passi dal monumento del Giorgione” o nei pressi dell’Antico Albergo alla Spada dove alloggiava?
Dal 4 novembre scorso la targa municipale è fissata su un muro dei portici (si intravedono vetrine Benetton e Max Mara) che nulla c’entra con il preciso luogo dello scoppio. Lo studioso Derio Turcato giustamente entra nel merito della questione sia balistica che fotografica, criticandone la sistemazione improvvisata e romanzata dai castellani. Stando alle sue inconfutabili prove potrebbe trattarsi di ben tre “locus delicti” visto che non c’è nessuna fonte scritta dello stesso giorno. Il Municipio era chiuso, la polizia municipale, i cronisti non esistevano e tanto meno le autorità militari italiane si preoccuparono dei dettagli procedurali. Non è forse sufficiente per capire in quale stato fosse la città murata?   

Il punto però che ha sollevato tante critiche nei confronti dell’amministrazione locale (Lega e FI) che si rende complice della politica di basso calibro di tutto l’arco del ‘900, è l’esempio di una “MAPPA DELLE BOMBE AEREE” (con i puntini rossi indicanti dove sono cadute!) che i vari narratori castellani pubblicarono nei loro libri (pagati anche con soldi pubblici), senza accorgersi che tale documento amministrativo faceva parte di una delibera di Giunta, quale “Pianta topografica della Città di Castelfranco … con l’indicazione delle località colpite da bombe nemiche …. Conforme a quella allegata al foglio della REALE COMMISSIONE d’inchiesta sulle violazioni del diritto delle genti commesse dal nemico”, firmato dal sindaco Ubaldo Serena il 17 giugno 1919.
In altre parole, e fino a prova contraria, il caso di Castelfranco Veneto rientrava a pieno titolo nei “faldoni” della Commissione (reale) d’inchiesta parlamentare per stabilire i danni da azioni criminose dei belligeranti, in base ai Trattati di Versailles del 1919, che istituiva l’Alta Corte di Giustizia a Lipsia (Corte Suprema).
E l’Italia che fece? “…finì con la marcia su Roma!
Al dopo sindaco Ubaldo Serena (18.07.1914-16.07.1919) ci furono due commissari prefettizi (Pastore e Zanframundo, 16.07.1919- 27.09.1920) che, naturalmente la neo laureata ex sindaco Maria Gomierato, come tutti i suoi precedenti “autorevoli” padri storici ‘bianchi’, non si accorsero del vacuum legislativo, amministrativo e politico. Un va e vieni di commissari fino alla consolidata instaurazione dei podestà. Nel merito, l’A. non si accorge delle inesattezze, contraddizioni, e per così dire panzanate che si ritrovano nelle sedute della Giunta o dei Consigli comunali. Mescola il sentito dire, già peraltro oggetto di richiamo dal prof. Luigi Urettini nel 1992, ricco di spunti ma infelicemente di parte (aderente al Pdup), con “faldoni amministrativi”, quasi che si trattassero di sovrapposizioni socio-politiche. Storici populisti senza accorgersene che oggi attaccano il governo.
In altre parole, nel 2018 l’esimia A. di “Guerra e Pace in Consiglio Comunale“, frutto di una faticosa e sofferta laurea in Scienze Politiche con il prof. Almagisti, avrebbe dovuto dimostrare più autonomia e senso di onestà intellettuale nell’affrontare la storia di un ventennio così tragico e nefasto. Le leggi valgono per tutti e la politica non è un passatempo come molti purtroppo l’hanno concepita. A chi serve ri-pubblicare pensieri già detti in precedenza, senza cogliere la loro incongruenza?
Di tanto in tanto il libro diventa autocelebrativo e biografico, prende spunto da certi fatti e li accomuna al presente, l’esempio del profugato, dell’assistenza, dell’impegno politico per “chi sceglie di fare” il Consigliere o l’ Assessore. Non si accorge che anche in quei tempi la società era piena di pregiudizi contro il profugo “se non stai buono ti faccio mangiare dal profugo” (Cf. la battuta del farmacista Leonardi di ritorno da Milano-Lainate dove aveva messo al sicuro la moglie, il figlio Pierino e la governante, “con i migliori materassi di lana, spediti a Rho”!), lo sfruttava e segregava (le lavandaie, le sartine, le donne del piacere, le servette) e che il Comune era presidiato e censurato. Ma come dicevamo, il fatto per noi molto grave è la sventurata mancanza di non essersi accorta che “La Commissione d’inchiesta sulle “violazioni al diritto delle genti e alle norme circa la condotta della guerra e al trattamento dei prigionieri di guerra” (decr. lgt. 15 novembre 1918, n. 1711)”, fu un capitolo così importante che le avrebbe permesso di comprendere come mai il sindaco Ubaldo Serena fu costretto a redigere il “Mappabombe” del 17 giugno 1919, prima di andarsene; e il parroco della Pieve nel settembre dello stesso anno (c’era il Commissario prefettizio Pastore), quale “politicante don Pastega” improvvisò un incontro pubblico per costituire un fondo pro Infanzia (orfani e poveri). E distribuì un libretto, una miscellanea di fatti e pensieri pericolosi, che lo si capisce con il senno di poi, di grande valenza politica, a differenza dei “politici comunali” (sindaco, assessori e segretario) che non hanno lasciato tracce di cronaca quotidiana. Con tutta evidenza della ferrea censura in vigore. Dunque un governo fantoccio.
P
er concludere, ricordiamo che dagli artt. 227-229 del Trattato di Versailles ci fu la proposta di attivazione dei giudizi davanti alla Corte Suprema di Lipsia con processi e sentenze. Il “Mappabombe” va inquadrato in questo preciso fatto storico che, a nostro avviso, rimangono dei crimini impuniti. Non si capisce l’atteggiamento del cronista de La Tribuna di Treviso, presente in conferenza stampa del 26.11 presso la sede di HISTOIRE , al quale sono stati consegnati copie di materiali originali e inediti per il suo giornale, non abbia voluto fare un pezzo sui fatti storici qui elencati. Si spera di un prossimo rimedio onde evitare che si continui a scrivere “Bugie e retorica in Consiglio comunale tra guerra e pace”. Che queste nostre osservazioni siano almeno come moniti solenni della coscienza morale della castellanietà.

Note e bibliografia

  1. Il processo di Lipsia fu un processo a criminali di guerra tedeschi della prima guerra mondiale, tenutosi nel 1921 dalla Corte Suprema Tedesca, come parte delle sanzioni imposte al Governo Tedesco nel Trattato di Versailles che così dispone:

Parte VI. Prigionieri di guerra (articoli 214-226). Contiene le disposizioni per il loro rimpatrio.

Parte VII.-Pene (articoli 227-30).-Viene stabilito che dei tribunali appositi costituiti dagli Alleati giudicheranno l’imperatore Guglielmo II e tutti gli altri che avessero offeso la morale internazionale, la santità dei trattati, e le leggi e i costumi di guerra.

Parte VIII. Riparazioni (articoli 231-247). Questa parte incomincia col riconoscimento da parte della Germania di essere colpevole dell’aggressione contro gli Alleati (art. 231) e quindi dell’obbligo delle riparazioni. Poiché per il momento gli Alleati non erano in grado di fissare i danni sofferti, così veniva affidato a una Commissione delle riparazioni il compito di stabilire il loro ammontare e le quote annue che la Germania avrebbe dovuto pagare per un periodo di 30 anni a cominciare dal 1° maggio 1921. Prima di questo termine avrebbe dovuto pagare, in danaro o in merci, 20 miliardi di marchi oro. Veniva anche stabilita la restituzione di tutto quello che aveva sequestrato o requisito durante la guerra, e veniva pure stabilito che dovesse sostenere le spese del corpo di occupazione e consegnare quegli approvvigionamenti o materie prime che gli Alleati avrebbero stabilito e che sarebbero state computate in conto riparazioni.
Parte IX. Clausole finanziarie (articoli 248-263). Contiene le diverse disposizioni relative al modo di pagamento.
Parte X. Clausole economiche (articoli 264-312). Riguarda le relazioni commerciali, dogane, navigazione, dumping, il trattamento da farsi ai cittadini dei paesi alleati, l’applicazione di trattati e convenzioni economiche, le comunicazioni postali e telegrafiche, i debiti, le proprietà, i diritti e interessi di cittadini alleati in Germania, i contratti, le prescrizioni, le assicurazioni, la proprietà industriale, ecc.

  1. La Commissione francese (decr. 23 settembre 1914) per l’accertamento degli “atti commessi dal nemico in violazione del diritto delle genti”.
    È opportuno, a questo punto, precisare -in vista degli ulteriori sviluppi dell’indagine – che l’iniziativa italiana della nomina di un’apposita commissione per l’accertamento delle violazioni realizzate nel corso della prima guerra mondiale ebbe, significativamente, non pochi precedenti all’estero. Primo tra questi, in ordine di tempo, era quello attivato dal decreto emesso a Bordeaux il 23 settembre 1914 (Journal Officiel  26 settembre) a nome del presidente della Repubblica Francese (B. Poincaré), e a firma del presidente del consiglio dei ministri René Viviani. (…)
  1. Nel II volume dei “Rapports”, pur esso pubblicato nel 1915, si dava ampiamente conto (pp. 77) di un supplemento di indagini condotte dai commissari in alcuni dipartimenti (dell’Isère, della Savoia e dell’Alta Savoia) per raccogliere informazioni in merito agli inumani trattamenti subìti dai prigionieri civili sequestrati in massa – si trattava di un contingente di circa 10.000 persone, non escluse tra queste donne, anche incinte, bambini e persone anziane – poi trasferiti in terra nemica, e quindi da poco rimpatriati.
    Nel volume III-IV dei “Rapports”, relativo all’arco temporale 1914-1916 e ad altre tematiche (pp. 271), una prima parte (datata 1° maggio 1915) concerne, con maggiore completezza – così i commissari ne riferiscono al Presidente del Consiglio – “gli atti di slealtà o di barbarie di cui i combattenti, come il personale medico addetto al nostro esercito, sono stati vittime da parte del nemico”, ed è ripartito nei seguenti capitoli: “Prigionieri civili o militari posti a scudo davanti alle truppe nemiche”; “Impiego di munizioni e di armi vietate dalle convenzioni internazionali”; “Massacri di prigionieri e di feriti”; “Attentati contro il personale sanitario e bombardamento di ambulanze”; una seconda parte (datata 6 maggio 1915), concerne il primo impiego, da parte delle truppe tedesche, dei gas asfissianti come mezzo di combattimento. Segue la raccolta dei verbali di audizione, corredata da documenti fotografici. (Cd. Treccani online)
  1. Paolo Spinelli, La Corte Penale Internazionale e i rapporti con L’ONU, Università Tre, 2002-2003 (tesi online).
    “Ciononostante, la concezione che aveva dominato fino alla fine dell’800 era stata messa in discussione e si era fatta strada l’idea opposta secondo cui, al fine di favorire il ritorno alla pace, era necessario evitare l’impunità e assicurare alla giustizia i colpevoli di crimini internazionali. Per la prima volta si parlava della responsabilità penale individuale degli organi dello Stato, e in particolare dei Capi di Stato. Ne è testimonianza l’attività del Comitato consultivo dei giuristi della Società delle Nazioni, incaricato, nel febbraio del 1920, di redigere il progetto di Statuto della Corte permanente di giustizia internazionale, ai sensi dell’art. 14 del Patto. Su proposta del Presidente Descamps il Comitato proponeva la creazione di un Alta Corte di giustizia internazionale.”
  1. Mario Pisani, La Grande Guerra, I crimini di guerra e i processi di Lipsia (1921):
    Il Kriegsbrauch im Landkrieg, stampato a Bruxelles in tre piccole dispense nel novembre 1914, col consenso dell’autorità militare tedesca, e consegnato dal giornalista Luigi Barzini a chi ne curerà la traduzione (con una prefazione ed un’appendice): v. Icilio Bianchi, Le leggi della guerra secondo il grande Stato Maggiore germanico, Milano, Ravà & C. Ed., 1916, pp. 52.
    A questo manuale lo stesso Barzini aveva dedicato una serie di articoli nel Corriere della Sera, scrivendo, tra l’altro: “Col Kriegsbrauch im Landkrieg si è voluto dare al soldato l’impulso cieco, terribile, impetuoso, ma diretto ed efficace del proiettile. Bisognava che non fosse più un uomo ma un ordigno spietato; che nessun sentimento ne deviasse o rallentasse l’azione, che alla sua coscienza individuale subentrasse la coscienza collettiva di un furore necessario, doveroso, meritorio. La tradizione è soppressa; il diritto delle genti è soppresso; si è combattuta la sensibilità, la compassione, l’umanità come un male, una debolezza, un errore. Si è semplificato il lato morale della guerra istituendo un nuovo e facile concetto sommario del lecito e dell’illecito: è legittimo tutto ciò che può giovare al successo, è illegittimo tutto ciò che può imbarazzarlo. Non rimane vivo che questo punto di vista, e il sangue e il pianto d’un popolo inerme non sono più elementi apprezzabili che per gli effetti che possono avere al raggiungimento dello scopo.
    Questa enormità è stata preparata senza odio, in piena pace, studiosamente, scientificamente, non per spirito di violenza ma per calcolo, svalutando tutto quello che non convergeva verso la vittoria, isolando la materia militare da ogni considerazione estranea all’efficacia dell’azione”.
    Quanto poi alle persone “colpevoli di reati contro i cittadini di una delle Potenze Alleate ed Associate”, l’art. 229 del Trattato prevedeva che esse venissero processate dal tribunale militare dello Stato interessato, ovvero, nel caso di reati contro cittadini di più di una di tali Potenze, da tribunali composti da esponenti delle diverse Potenze: il tutto facendosi salvo il diritto alla nomina di un difensore.
    Quel che è certo è che la guerra del 1914-1918 realizzò per davvero, e nonostante le reiterate deprecazioni ed esortazioni di Benedetto XV, una “orrenda carneficina”, un “suicidio dell’Europa civile”, e, in definitiva, una “inutile strage”, e che altri inutili stragi, anche nelle dimensioni di genocidi, hanno poi imbarbarito il corso dei decenni successivi, fino ai giorni nostri. L’impeto delle violenze e delle perversioni molteplici che ha animato quelle stragi, e quei genocidi, non ci consente di pensare che, a fermarli e a prevenirli, sarebbero state idonee e sufficienti le sentenze di un qualsiasi tribunale, nazionale, internazionale o sovranazionale.
    Le sentenze giuste dei tribunali più autorevoli potevano e possono però valere almeno come moniti solenni della coscienza morale dell’umanità.

Vescovo rifiutato a Porto Tolle.Ciambetti: “Non si difendono così né la laicità né la scuola: un errore chiudere la porta in faccia al vescovo Tessarollo”

07 venerdì Dic 2018

Posted by artediritto in Cronaca, Istruzione, Formazione

≈ Lascia un commento

“Non si difendono né la laicità, né la scuola  chiudendo la porta in faccia al vescovo”. Con queste parole il presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti ha commentato l’episodio accaduto a Porto Tolle dove il dirigente scolastico “ha ritenuto inopportuna la visita del presule a docenti e studenti di una scuola pubblica e, in quanto tale, laica – ha spiegato Ciambetti – Nessuno mette in discussione la laicità della scuola e l’autonomia del dirigente come del corpo insegnante, ma penso che l’incontro con il Vescovo di Chioggia e del Delta fosse una occasione per l’Istituto scolastico, una opportunità: permettere l’incontro con insegnanti e studenti non significa di certo indebolire o compromettere la laicità scolastica che non deve avere paura del dialogo, anzi, e a maggior ragione se il confronto avviene con una figura altamente rappresentativa del sentimento religioso e della pietà popolare. Monsignor Tessarollo è uomo schietto e sono sicuro che saprà valutare nella giusta misura l’incidente anche se avrebbe piena ragione nel rammaricarsi. A lui la mia personale solidarietà.”

← Vecchi Post
Annunci

Iscriviti

  • Articoli (RSS)
  • Commenti (RSS)

Archivi

  • febbraio 2019
  • gennaio 2019
  • dicembre 2018
  • novembre 2018
  • ottobre 2018
  • settembre 2018
  • agosto 2018
  • luglio 2018
  • giugno 2018
  • maggio 2018
  • aprile 2018
  • marzo 2018
  • febbraio 2018
  • gennaio 2018
  • dicembre 2017
  • novembre 2017
  • ottobre 2017
  • settembre 2017
  • agosto 2017
  • luglio 2017
  • giugno 2017
  • maggio 2017
  • aprile 2017
  • marzo 2017
  • febbraio 2017
  • gennaio 2017
  • dicembre 2016
  • novembre 2016
  • ottobre 2016
  • settembre 2016
  • agosto 2016
  • luglio 2016
  • giugno 2016
  • maggio 2016
  • aprile 2016
  • marzo 2016
  • febbraio 2016
  • gennaio 2016
  • dicembre 2015
  • novembre 2015
  • ottobre 2015
  • settembre 2015
  • agosto 2015
  • luglio 2015
  • giugno 2015
  • maggio 2015
  • aprile 2015
  • marzo 2015
  • febbraio 2015
  • gennaio 2015

Categorie

  • 16.Biennale Architettura 2018
  • 57.Esposizione Internazionale d'Arte
    • Video di Artisti 57.Biennale
  • Anteprima
  • Archivio
  • Cronaca
    • Ambiente
      • Candidatura a Patrimonio Unesco di Conegliano-Valdobbiadene Paesaggio Prosecco Superiore
      • Marmolada, la battaglia del ghiacciaio
    • Autonomia
    • Freedom of and Expression Media Development
    • Società
  • DroniFestival © 2015
  • Istruzione
  • Istruzione, Formazione
    • Scuola
  • Le Mostre di Marica Rossi
  • Mostre d'arte
    • Loan art, arte presa a prestito
  • Otto-Nove Cento
  • Pace&Guerra
  • Recensioni
  • Spettacolo
    • Arena di Verona
  • The Giorgione's Short Film Festival – GSFF©2015

Meta

  • Registrati
  • Accedi

Blog su WordPress.com.

Annulla
Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie